Storia di un viaggio. Madeira, un’isola da scoprire (Prima parte)
E’ marzo e per una serie di fattori magici, le coordinate mie e della compagna di vita s’imbattono in un bonus: venti giorni di pura vacanza. La scelta cade su Madeira, isola portoghese che ci consente di “chiudere” il ciclo iniziato con Lanzarote e Fuerteventura.

Madeira, Portogallo.
Prima di continuare però devo avvertire l’eventuale lettore. Il nostro viaggiare ama l’avventura, stile Lonely Planet; di conseguenza sconsiglio il prosieguo della lettura a quelli che chiamò “polli d’allevamento”, ovvero dipendenti da cibo preconfezionato da agenzia all inclusive. Punto d’arrivo e partenza della vacanza (aeroporto compreso) è la città di Funchal. Per iniziare a respirarne l’aria, i profumi locali e gli usi/costumi nulla è più immersivo del Mercado dos lavradores, mercato degli agricoltori. Appare come un mercato dell’Asia o del nord Africa, con profumi esotici, frutti sconosciuti da assaggiare, quasi un’orgia salgariana. Ma stranamente ordinato, pulito, da mercatino etnico. Il mio esserci dentro, il perdermi in richiami a precedenti viaggi esotici, tuttavia in assenza del contesto caotico e saturo di asiaticita’ dall’impatto destabilizzante, definisce ciò che vedi e sniffi e gusti come una carta d’identità dell’isola. Madeira è ridondante di fiori, di profumo d’oltremare, di essenze arboree degne del riconoscimento ricevuto dall’UNESCO, di onde oceaniche e percorsi tutto da scoprire; il tutto inserito però in una modernità fatta di apartaments, prenotazioni online, auto noleggi…forse una noia per i Robinson Crusoe, ma anche una delizia per chi vuole cimentarsi in scoperte senza paracadute in un contesto tutelante.

Oceano, l’infinito, il chissà cosa c’è oltre…
L’isola poco si presta ad essere girata con mezzi di trasporto pubblici e devo dire che di primo acchito mi ha infastidito: l’autobus è un ottimo mezzo di immersione e contatto con lo spazio da conoscere, scoprire, paragonare. Quindi svestiamo i panni di Indiana Jones e con modestia conquistiamo un’auto di piccola cilindrata. Prima tappa Porto Moniz, una scelta dettata dalla presenza di numerosi supporter del Benfica che monopolizzavano la città principale (partita Benfica Maritimo / Liga portoghese) e dalla voglia di partire dalle periferie dell’isola. Due grandi opportunità di esplorazione si sono presentate: l’Oceano e la montagna. La montagna ha avuto come primo impatto un panico d’auto: salite al 20% 30% e relative discese come piovesse. Frizioni fumanti, freni incandescenti, terrore di non farcela soprattutto ad incroci ed incontrando altre vetture. Un’ottima dieta dimagrante.

E già, Oceano, bagni, una temperatura di 21 gradi, la memoria del precedente inverno milanese
A piedi viceversa le scoperte sono state molte. Sembrava d’essere sui sentieri di Ho Chi Minh, dove lo sguardo si perde tra picchi, panorami e vegetazione dirompente. E poi l’Oceano, le sue onde spumeggianti e le montagne che lo lambiscono tuffandosi repentine. Uno spazio da vertigine che segue i Levada, canali di indirizzo per l’acqua, segno di un sentire comune ricco di condivisione dato che vengono splendidamente tenuti dai locali. Passo dopo passo, salita dopo salita respiri valli, orti, profumi, scorci da brivido e poi ancora Oceano, l’infinito, il chissà cosa c’è oltre. E già, Oceano, bagni, una temperatura di 21 gradi, la memoria del precedente inverno milanese. Discesi al piano l’abbiamo di fronte. Dirompente ed inavvicinabile. Tuttavia generoso. Ha lavorato la roccia lasciando delle vere e proprie piscine (una pubblica bellissima, l’altra privata e per i miei gusti parecchio meno interessante). Acqua non propio caldissima, ma volete mettere? Non si può rinunciare ed un bagno in sicurezza tra canyon di roccia con un mare ribollente tenuto fuori ed ammansito da una barriera naturale così provvidenziale. Or qua il mio racconto si ferma. Sono pur sempre in vacanza! Non so se continuerò nel racconto, se quanto scritto ha incuriosito, se degno di nota o di lettura. Mi ha fatto piacere scriverlo, condividerlo con amici. Vedremo se avrà un seguito. Per ora un abbraccio ed un saluto
Testo e foto Pippo Biassoni